LA GUERRA FREDDA TRA TORDANDREA E COSTANO

    Nei primi decenni del '400, la Torre si era venuta ampliando fino a trasformarsi, più tardi, in un munito castello segnatamente per opera di Andrea dei Marchesi, ricco nubiluomo assisano, forse erede di qualche casato feudale.
Costui, inseritosi nelle lotte di fazione per il controllo della città, a causa dei rovesci della sua parte, nel 1450 fu cacciato da Assisi e spogliato contemporaneamente del castello della Torre che, dal di lui nome, aveva già cominciato a chiamarsi Tor d'Andrea.
Braccio Baglioni, signore perugino e valoroso capitano , approfittando della confusione del momento ne prese possesso dopo averne ottenuta l'investitura dal pontefice, in cambio di servigi militari resigli in precedenza.Sotto la signoria dei Baglioni, il castello acquistò una notevole autonomia fino ad erigersi a comune, sempre però sotto il dominio della potente famiglia perugina, che strumentalizzava il maniero e la sua gente ai fini delle contese con Assisi.
Tramontata, nel tardo '500, la gloria e la fortuna di casa Baglioni, costoro, per incassar denari, vendettero la signoria del castello; nella transazione era compresa anche la proprietà privata di parte del suo territorio, di varie case e di tutte le opere militari.
L'acquirente fu un altro signore perugino, un certo Annibale Veglia che possedeva, tra l'altro, un palazzo fortificato, situato tra Bastia e Petrignano (Palazzo del Veglia).Lo scopo di questa operazione era puramente speculativa.Infatti il Veglia, continuando a fomentare le controversie di confine e di transito con Assisi, pensava che, alla fine, avrebbe indotto la città ad eliminare, mediante acquisto, tale corpo estraneo dal seno del proprio comune.Si intavolarono pertanto trattative ma che, per vari motivi, non andarono in porto, anche perchè la città di Assisi -siamo nei primi anni del '600 - era in preda ad un grave ristagno economico.Si fece allora avanti un altro compratore, un certo marcheseLanti che acquistò il Castello e i terreni oltre al diritto di signoria.
Gli abitanti della Torre, abituati ai Baglioni a pagar poche tasse ed a godere di un'ampia autonomia comunale, facevano del tutto per esasperare i contrasti con Assisi,nella speranza di allontanare l'annessione a quel comune.Tali contrasti si esplicavano soprattutto nelle liti di confine. E siccome la balìa di Costano comprendeva alcuni punti caldi di queste rivalità, la guerra fredda di Tordandrea aveva spesso, come obiettivo, anche i Costanesi i quali in questa contesa si trovavano, loro malgrado, in prima fila.
Esisteva, nel territorio costanese, un vocabolo chiamato Sabbioni, dove sorgevano alcune dimore agricole dette "case del Mandriale", oppure anche "case della volpe".Si trattava di un luogo conteso tra Assisi, Bastia e Tordandrea.
Alcuni anni prima, si era già verificato un'accesa controversia perchè un certo Marianetto della Bastia, ufficiale di quel comune, era entrato nella casa di Giovanni Maria Mandriali, in vocabolo Sabbioni, per sequestrare una soma di grano.Il comune di Assisi aveva prontamente reagito contro questo sconfinamento amministrativo, ottenendo dall'autorità provinciale la condanno del Marianetto.Forti di questo precedente, i due massari di Costano che, insieme al sindaco, fungevano nel castello da rappresentanti locali del comune di Assisi, presero a riesigere, anche in vocabolo Sabbioni, i diritti della loro balìa.Il problema maggiore erano le tasse che, o per la manutenzione del castello, o per le imposizioni comunali e governative, facevano sentire il loro peso.Reperire più contribuenti, avrebbe significato au alleggerimento del carico unitario, dato che l'imposizione era fissata.Spinti anche dalle lamentele della popolazione, i massari costanesi notificarono alla famigli Mandriali, che risiedeva al vocabolo Sabbioni, l'importo dell'ultima imposizione.Costoro, non solo non pagarono, ma avvertirono il podestà del comune di Tordandrea di quanto stava accadendo.Era infatti loro consuetudine, al fine di eludere le imposte, attribuirsi ora all'uno, ora all'altro comune.I massari di Costano si recarono allora personalmente dai Sabbioni ed entrarono in casa di Giovanni Mandriali, presunto evasore del comune di Assisi.Costui, aspettandosi la visita, aveva avvertito il Podestà di Tordandrea che si era appostato, con parecchi uomini, nelle vicinanze.Mentre in casa del Mandriali si discute, entrò d'improvviso il drappello dei Torreggiani, con in testa il podestà; costui notifica ai Costanesi lo sconfinamento in altra giurisdizione e li dichiara prigionieri, trasferendoli nel carcere della Torre.
Giunta la voce in Costano, subito un messo veloce corre in Assisi a riferire la notizia.Si riuniscono immediatamente gli amministratori e si consultano con il governatore distrettuale.Se fossero stati altri tempi, gli Assisani sarebbero corsi in armi a bruciare la Torre.Ma ora i comuni non essendo più indipendenti - c'era lo Stato Pontificio - bisognava procedere per legge.Si decide allora di inviare un messaggio al governatore di Perugia per informarlo della grave provocazione e sollecitare provvedimenti immediati.Una staffetta veloce parte da Assisi alle quattro del pomeriggio e giunge alle diciotto nel palazzo del governatore.Costui legge il messaggio senza scomporsi, anche perchè non era molto disposto con gli Assisani su questo argomento.
Pertanto, lungi dall'ordinare la scarcerazione dei prigionieri, prende ad adottare una tattica dilatoria e consegna al messaggero una lettera per il governatore di Assisi.In sostanza, con tale missiva, il governatore provinciale asserisce che il problema sta tutto nell'appurare se "le case della volpe", dove sono stati fatti prigionieri i massari costanesi, ricadano in territorio assisano o in quello della Torre.Una risposta, questa, fatta proprio per prendere tempo o, ancora peggio, per attuare una tattica dilatoria ai danni di Assisi.Infatti il governatore perugino soggiunge che, l'indomani, avrebbe mandato un suo intendente a Todi, per trattare la cosa con monsignor Lanti, influente cardinale e fratello del marchese Lanti, proprietario e signore di Tordandrea.
Infine conclude esortando il governatore a prendere tempo ed a calmare la città, mentre egli avrebbe fatto tutto il possibile per risolvere la questione.Per il comune di Assisi, la lettura di questa missiva, ha l'effetto di una doccia fredda.L'indomani, il 9 Luglio 1613, il consiglio comunale decide di scrivere direttamente al Papa, nella speranza di scavalcare la competenza del governo provinciale ed avere giustizia direttamente da Roma.
"Altre volte - si legge nella lettera - fu dato castigo con tre colpi di corda, ad un certo Mariano, Podestà di Tor d'Andrea, per aver egli turbata la giurisdizione di Assisi, con alcune intimazioni di pagamento, nella casa di Giovanni Maria Mandriali, posta nel nostro territorio.Ora Orazio Castagna, attuale Podestà di questa Torre, ha fatto prigionieri i massari del castello di Costano per aver presentato ordini del nostro governatore, nella casa del Mandriali, altre volte dichiarata appartenente al nostro territorio".
"Il governatore di questa città si è recato ieri in persona sul luogo in questione ed ha accertato i fatti tramite testimonianze anche scritte, come si vedrà dal memoriale che invierà in Sacra Consulta. Supplichiamo la Santità Vostra ad affidare al governatore di Assisi l'incarico di derimere tutta la questione, perchè quello di Perugia e prevenuto verso di noi, come sanno in Sacra Consulta.
In questa occasione ci gettiamo ai piedi di Vostra Santità perchè si degni di liberarci da questi screzi, che possono accendere l'animo popolare ad agitazioni e disordini"

Ovviamente il Papa aveva ben altro a cui pensare e non era certo in grado di stabilire se le "case della volpe", in vocabolo Sabbioni, appartenessero alla balìa di Costano o Tordandrea.Del resto la questione era complicata dal fatto che, nel Medio Evo, la Torre aveva fatto effettivamente parte della balìa di Costano.
Ad ogni modo, da Roma, si saranno limitati ad esortare il governatore di Perugia a dirimere la questione con sollecitudine ed equità.Infatti costui, che era stato prontamente informato del ricorso al Papa, si affrettò a liberare gli ostaggi, che furono dapprima trasferiti a Perugia, poi rinviati a Costano con un lasciapassare.Il comune di Assisi dovette però sborsare 19 paoli di contravvenzione al Podestà della Torre, 30 paoli di diritti alla Corte di Campagna in Perugia, ed infine altri 11 paoli per compensi a notai e procuratori. (Il paolo era un decimo di scudo, cioè 10 baiocchi).
Oramai gli Assisani erano decisi a comprare la Torre, non fosse altro per evitare il contenzioso che questa "enclave" provocava."Tale spesa, si legge nelle riformanze, di lungo e grave danno alla comunità, si fa non per altro che per liberarci dalle liti"Questo era il parere del consiglio comunale di Assisi che non celava la propria preoccupazione per tale affare.E ben a ragione: infatti il marchese Lanti chiedeva 22.000 scudi, 6000 in più di quanto aveva pagato la signoria di Tordandrea al Veglia.Il comune di Assisi, oramai deciso, non stette più a guardare il prezzo; assunse un prestito di 22.000 scudi all'interesse del 5.20 per cento, rimborsabile in 44 anni, pagando 500 scudi all'anno di quota capitale ed anticipando gli interessi ogni quattro mesi.Con questa forte somma si acquistò il castello, mettendo in vendita, per recuperare il denaro, terre ai privati.
Così finì la guerra fredda tra Costano e Tordandrea, ma i due paesi continuarono a guardarsi in cagnesco ancora a lungo.
Anzi, pare che le tracce dell'antica incomprensione non siano state ancora del tutto scomparse.