Assisi visse nel Seicento momenti di particolare tensione a causa dell'unità territoriale e delle varie questioni di confine con feudi e comuni limitrofi: si pensi, in particolare, alla lunga controversia coi Fiumi, conti di Sterpeto, e alla "causa" col marchese Lante, signore di Torre d'Andrea dal 1609 al 1614, circa le sue "pretensioni" sulle balì di Costano e di Castelnuovo.
Per trattare di ciò col detto signore, il 20 febbraio 1613 il General Consiglio d'Assisi delegava Marcantonio Aluigi a recarsi alla Torre .
Poco dopo, il 27 marzo di quell'anno, per delimitare, una volta per sempre, i confini, si decideva di affidare al pittore assisano Vincenzo Giorgetti l'esecuzione della "pianta della Torre d'Andrea", sulla base delle indicazioni date dal suddetto Aluigi.
Di quel clima non propriamente idilliaco dovette risentire anche la popolazione della Torre.
I tempi, forse anche rimpianti, della signoria dei Baglioni apparivano ormai lontanissimi.
Fu così che nel Consiglio dei Quindici del castello, tenutosi il 27 aprile 1613 alla presenza del governatore di Assisi e di altri autorevoli esponenti della vita pubblica contadina (tra cui Roberto e Giovanni Maria Nuti, Raniero Tullio e Giovan Battista Bini), si decise ai scrivere a Marcantonio Aluigi - che in quel tempo si trovava a Roma per sbrigare alcune incombenze per conto della sua città -, affinchè intervenisse presso il Papa, onde far effettuare quella vendita della Torre d'Andrea a favore di Assisi, che altre volte era stata supplichevolmente chiesta a Sua Santità, tenendo presente che l'importo complessivo dell'acquisto (ivi comprese le opere di miglioria apportate da Annibale Veglia e dal Marchese Lante, nonchè le spese sostenute da quest'ultimo coi Baglioni non potevano superare i diciottomila scudi e che perciò preparasse una "minuta dell'istrumento della compra".
Il 4 giugno 1613, radunatosi il Consiglio dei Quindici della Torre, sempre alla presenza del governatore di Assisi e dei soliti illustri rappresentanti della città, il suddetto governatore portò a conoscenza di tutti una lettera, a firma di Marcantonio Aluigi, inviata da Roma il primo di giugno 1613 ai priori di Assisi.
Il 16 dicembre 1613, in una lettera inviata dalla Comunità di Assisi al Card. Borghese perché interponga i suoi buoni uffici presso il Sig. Lante al fine di concludere l'affare, si ricorda che "detta spesa, ancor che esorbitante et di lungo grave danno alla Comunità, si fa non per altro che per liberarsi delle liti et accrescerne immediatamente raggione alla S.Sede Apostolica".
Si confermava, così, quanto era stato precedentemente affermato dall'assisano Raniero Aromatari: che, cioè, l'acquisto della Torre andava fatto, da parte della città di Assisi, "per levarsi dalle brighe".
Restava però la faccenda dell'alto costo dell'operazione.
Per ovviare a ciò, l'11 marzo del 1614 il governatore di Assisi, Francesco Giardino di Macerata, decretava che tutti gli introiti derivanti dalle terre delle Paludi venissero impegnati nell'estinzione di parte del debito, contratto dalla Comunità per l'acquisto della Torre.
A questo punto, l'attività si fa frenetica.
Marcantonio Aluigi invia la minuta dello strumento per l'acquisto; ma la proposta non piace al Consiglio Generale di Assisi, che prega, pertanto, il suddetto di rispedire la bozza che era stata letta e accettata precedentemente dal Consiglio medesimo, onde prendere una decisione.
Al governatore di Assisi giunge anche una lettera del Card. Borghese, datata Roma 3 aprile 1614, con la quale si comunica che "il negotio della compra della Torre d'Andrea è stabilito e concluso e che la minuta dell'Instrumento da farsi hora si sta accomodando dalla Sacra Consulta nella determinatine di cui doverà quietarsi la detta Comunità".
Si affaccia, però, un'altra complicazione.
L'assisano conte Montino Rossi informa il General Consiglio della città "qualmente lui ha saputo da messer Anibale Massoletto perugino et dà notitia che la compra fatta da Annobale Veglia della Torre d'Andrea fu fatta dal Sig. Braccio solamente et non è mai stata ratificata dal Sig. Carlo Baglione suo fratello".
Superato anche questo ostacolo, l'8 maggio 1614 si riuniva il Consiglio della Torre alla presenza del governatore e dei priori di Assisi, nonché degli "illustri ed eccellenti signori" assisani e dei "nobili cittadini" della Torre.
Finalmente il 28 giugno 1614 il notaio della Camera Apostolica Felice Toti, o de Totis, poteva stipulare in Roma la "strumento di cessione" del castello e delle terre della Comunità di Assisi, col beneplacito e uno "speciale chirografo" di Papa Paolo V, datato 25 aprile 1614, col quale, d'autorità , veniva superato l'ostacolo della lite esistente tra il Lante e i Baglioni di Perugia, antichi propietari della Torre.
Nel General Consiglio di Assisi, il 12 agosto 1614 si propone, così, di prendere "il possesso della Torre" il 16 successivo e di fare le nuove insegne o "arme del Papa e della Comunità" per porle sopra la porta del Castello.
Come era stato stabilito, il 18 agosto 1619, di lunedì, l'assisano Marcantonio Aluigi si recava alla Torre d'Andrea, quale procuratore della Camera Apostolica, per prendere ufficialmente possesso del castello e delle sue terre, alla presenza di autorevoli testimoni appositamente convocati e in virtù del pubblico strumento rogato in Roma il precedente 28 giugno da Felice de Totis, notaio della medesima Camera.
In base a tale atto, il marchese Lante cedeva alla Comunità di Assisi, e per essa a Marcantonio Aluigi, per 22.000 scudi di moneta, tutti i diritti e tutti i beni di sua pertinenza nel Castello e nelle terre della Torre d'Andrea, i cui uomini, coloni, lavoratori e chiunque altro vi dimorasse, erano da quel momento tenuti a riconoscere come padroni la Camera Apostolica e il Comune di Assisi, e ad essi obbedire.